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La chiesa del Gesù
Prima di accennare ai pochi dati storici
relativi ai due dipinti conservati
nell'oratorio del Gesiö di Novate,
recentemente restaurati, ed allo scopo di
meglio inquadrarli nel tempo, riteniamo
utile delineare - se pur molto succintamente
- le principali vicende storiche di questo
antico oratorio.
La chiesa di Novate che viene comunemente
denominata come "il Gesiö", altro non è se
non un antico oratorio cinquecentesco
dedicato ai Santi Nazario e Celso.
La sua origine è la seguente.
Un facoltoso signore di Milano, il senatore
ducale
Bernardino Busti, rimasto vedovo della
moglie, Lucrezia Candiani, con suo
testamento redatto a Lodi il 28 maggio 1529
dal notaio G.B. Gavazzi (che lo aveva
scritto in giardino, in quanto il Busti, che
era appestato, gli dettava le sue ultime
volontà dal balcone della sua camera da
letto), lasciava tutti i suoi beni - fra i
quali anche un fondo di 2.400 pertiche di
terra che possedeva a Novate - al Luogo Pio
Elimosiniero della Misericordia di Milano
(uno dei più antichi istituti di pubblica
beneficienza di Milano).
Il testamento prevedeva diversi legati a
carico dell'erede universale, e fra questi,
ve ne era uno che poneva a carico del
Consorzio della Misericordia, di far
costruire a Novate, dopo la morte del
testatore (avvenuta nel 1529), una chiesa od
una cappella dedicata a S. Celso; nonché una
casa annessa a questo oratorio, per un
sacerdote o cappellano, che avrebbe avuto
l'obbligo di celebrare ogni giorno, in
perpetuo, una Messa a suffragio dell'anima
del pio testatore e dei suoi familiari
defunti.
Proprio per consentire l'officiatura di
questo oratorio, il Busti provvedeva ad
assegnare a questa chiesa, la proprietà di
60 pertiche di terra, fra la più bella che
possedeva a Novate.
Sempre in questo stesso legato, il testatore
disponeva poi anche che il Priore e i
Deputati del Consorzio della Misericordia di
Milano (ossia il consiglio di
amministrazione di quel luogo pio),
avrebbero dovuto provvedere, in perpetuo,
alla scelta e alla designazione del
cappellano di questa chiesa; cosa, questa,
che configurava la costituzione di un vero e
proprio diritto di giuspatronato, da parte
degli amministratori del Luogo Pio della
Misericordia, su questo oratorio.
Non conosciamo, con certezza, perché
Bernardino Busti abbia voluto dedicare
proprio a S. Celso questo oratorio; tuttavia
ci sembra per lo meno plausibile, l'ipotesi
che spiegherebbe la scelta di questo Santo,
col fatto che una trentina di anni prima del
suo testamento, e più precisamente nel 1498
- in forza di una bolla di Papa Alessandro
VI, Borgia - il Busti aveva ricevuto in
affitto diverse terre di Novate (divenute
successivamente sue proprietà), dal
Monastero di S. Celso di Milano.
Il fatto, quindi, che le terre cedute dal
Busti al Consorzio della Misericordia, col
suo testamento del 1529, fossero state
anticamente di proprietà del Monastero di S.
Celso di Milano, potrebbe forse avere
indotto il Busti a scegliere proprio S.
Celso come Santo protettore dell'oratorio da
lui istituito.
Tutte le principali visite pastorali
effettuate, nel tempo, alla Parrocchia di
Novate, ricordano l'esistenza di questo
piccolo artistico oratorio: da quella del
luglio 1573 dell'Arcivescovo Carlo Borromeo,
a quella dell'agosto 1603 dell'Arcivescovo
Federico Borromeo, cugino di S. Carlo, a
quella del dicembre 1613 del Canonico
Giovanni Stefano Giussano, fino a tutte le
numerose successive del XVIII secolo. Il 25
luglio 1853, gli Amministratori del Luogo
Pio Elimosiniero della Misericordia di
Milano, a riconoscente me
moria del fondatore di questo oratorio,
trasportavano, infine, le ossa del
benefattore in questa chiesa, ponendovi una
piccola lapide, a perenne ricordo di questo
avvenimento. Delineate brevemente le
principali vicende storiche di questo
oratorio, veniamo ora ai due quadri in esso
conservati, e da poco restaurati.
Per quanto riguarda il primo, cioè la pala
posta sopra l'altare, raffigurante la
Vergine Maria affiancata dai due Santi
Nazario e Celso pur non risultando, dai
documenti che è stato possibile
rintracciare, l'anno esatto della sua
collocazione nell'oratorio, questa va
certamente individuata fra il 1603 ed il
1613; probabilmente, intorno al 1608.
Infatti, mentre nella relazione della visita
pastorale condotta alla nostra Parrocchia
1'11 agosto 1603 dal Cardinale Federico
Borromeo, per quanto riguarda l'oratorio dei
SS. Nazario e Celso, è detto testualmente:
"Sopra l'Altare si metta un'icona decente"
(dal che ricaviamo che, a quella data, il
quadro non era stato certamente ancora posto
sull'altare); in quella del dicembre 1613,
condotta dal Canonico Giovanni Stefano
Giussano, si ricava che l'altare di questo
oratorio, già a quella data, possedeva una
tela con l'immagine della Madonna e dei due
Santi Nazario e Celso "eleganter picta"
(artisticamente dipinta), e inquadrata in
una cornice dorata.
Per quanto concerne invece la committenza
del quadro al suo ignoto autore, non sembra
possano esservi dubbi in proposito: il
quadro dovrebbe essere stato ordinato dal
Consorzio della Misericordia di Milano,
proprietario dell'oratorio, in ottemperanza
a quanto prescritto dal Cardinale Federico
Borromeo, in occasione della sua visita
pastorale del 1603.
Per quanto riguarda invece il secondo quadro
- cioè quello che raffigura S. Antonio da
Padova - affisso sulla parete sinistra
dell'oratorio, la sua collocazione storica
va posta intorno al 1660.
E ciò, per il fatto che, mentre nella
relazione della visita pastorale condotta
alla nostra Parrocchia il 2 dicembre 1632,
dal Prevosto di Bollate, Federico Terzago,
nella descrizione
dei quadri dell'oratorio, non esiste alcun
cenno di questo quadro; al contrario, nel
verbale di consegna di questo oratorio, da
parte del Consorzio della Misericordia al
nuovo Cappellano, il Rev.do Franco Maria
Manzolio, del 5 marzo 1697, già si accenna
all'esistenza di questo dipinto.
Questo secondo dipinto, nella sua parte
inferiore destra, porta la raffigurazione di
due lettere, S.P., intercalate dalla
riproduzione di un piccolo stemma di forma
ovale, contornato da una cordelliera bianca,
costituito da un campo d'oro, sormontato da
un'aquila spiegata di nero.
Per quanto concerne le due lettere S.P.,
queste, probabilmente, sono le iniziale dei
due termini "Sua Pecunia", ossia "a sua
spesa", e starebbero pertanto a significare
che il quadro sarebbe stato donato
all'oratorio da qualche pio benefattore.
La forma ovale dello stemma, e la
cordelliera bianca, denoterebbero poi che lo
stemma è da ritenersi relativo ad una donna.
L'arma raffigurata, infine, risulta essere -
forse - quella dell'antica famiglia bustese
dei Candiani, alla quale apparteneva proprio
la moglie di Bernardino Busti, fondatore
dell'oratorio.
In sostanza, questo antico quadro potrebbe
forse essere stato donato all'oratorio, da
qualche discendente della moglie del
fondatore della chiesa.
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